mercoledì 28 aprile 2010

My immortal

Sentivo il vento tra i capelli.
Sentivo il rumore della terra sotto i sandali.
Stringevo in mano i lacci, soppesando il peso della pietra per calibrare il tiro.
Lo vedevo enorme, davanti a me, lucido di sudore e dai muscoli frementi.
Non avrei saputo dire se il suo sguardo era più arrabbiato o divertito.
Arrabbiato del fatto che un ragazzino così gracile, poco più di un bambino, lo stesse sfidando o divertito dalla rapidità preannunciata del duello.
Mi avrebbe falciato in meno di quattro secondi.
Forse in meno di tre.
Io non tremavo.
Ero sicuro della mia fine, non avevo nulla da perdere.
Per quello la mia mano fu ferma.
Cominciai a roteare il laccio, a sentire la pietra che prendeva velocità.
Immaginai la traiettoria, l'avrebbe sicuramente schivata e mi sarebbe piombato addosso, tagliandomi in due come un giunco.
Ma io avevo già vinto la mia battaglia, ero stato il solo ad accettare la sfida.
Nessuno dei miei compagni aveva osato.
Un corvo volò su di noi e gracchiò nel silenzio.
Egli lo guardò e mi perse di vista.
Solo per un momento.
Sentii il laccio fischiare nelle mie orecchie, vidi il tempo fermarsi e la pietra partire.
Solo in quell'attimo capii che era spacciato, che quel secondo di distrazione gli sarebbe costato la vita.
La pietra lo colpì in mezzo alla fronte ed andò giù come un macigno.
Cedette di schianto e non si rialzò più, scosso solo da un leggero tremito.
Ed allora seppi che ero diventato immortale, che un solo momento può fare la differenza.
Ma oltre alla fortuna quello che conta è saper fare un passo avanti.
E capire che il drago si affronta ridendo.