lunedì 15 marzo 2010

Amaricante

Da quando era andato a vivere da solo le partite di calcio le guardava al bar.
Si era lasciato dietro tutto quanto, compresa la schedina di sky.
Andava a vederle al bar dietro casa, un bar che a pensarci bene forse non esisteva neanche.
Si chiamava New for you, già il nome era improbabile, quasi frutto di fantasie romanzesche.
Quando ci entrava gli sembrava di tornare indietro di trent'anni.
Soffitto alto e scaffali che ricoprivano interamente le pareti.
Erano pieni di bottiglie, ma non erano bottiglie qualunque.
Erano tutti liquori degli anni '70.
Coperte dalle immancabili due dita di polvere.
Stock 84, Cynar, Petrus c'era perfino il famoso Kambusa One, che aveva la pubblicità dove una canzoncina tormentone lo definiva l'amaricante.
Kambusa one, l'amaricante.....
Non aveva mai capito cosa volesse dire.
Ai tempi google mica c'era.
E adesso preferiva non svelarsi il mistero, se lo sarebbe portato nella tomba.
Amaricante sapeva di america e questo gli bastava.
Se sapeva di america doveva essere per forza qualcosa di buono.
O se non altro di grande, che a pensar bene è già quasi buono.
Quel martedì l'Inter avrebbe giocato con il Chelsea e lui, che interista non era, non aveva ancora deciso se tifare pro o tifare contro.
Ma di sicuro l'avrebbe vista al new for you.
Il pubblico era più che in tema con il bar.
Un pubblico fine anni settanta.
C'era anche il bambino decenne che fa finta di essere interessato, ma in realtà gioca con la macchinina e grida goooool anche quando a segnare è la squadra avversaria, attirandosi gli sguardi fulminanti degli altri spettatori e perfino del padre, che in quel momento, per un fuggevole istante, lo odia.
O meglio odia il fatto che il sangue del suo sangue, il frutto di così tanti sacrifici non lo ripaghi nemmeno con un minimo di partecipazione al dramma.
Alla tragedia di perdere questa partita, di cui tra due mesi nessuno si ricorderà più, ma che ora sembra così importante vincere.

Invitò al bar anche il suo amico Ben, che interista non era, e con cui si sarebbe di sicuro fatto due risate.
Perchè in ultima analisi era quello uno dei pochi momenti veri della vita.
Guardarsi una partita al bar con un amico, magari tifando anche un po'contro, ma di sicuro senza doversi preoccupare di nulla, senza desiderare di essere in nessun altro posto.

Ma Ben declinò, doveva stare a casa con la moglie ed il figlio neonato.
A Ben uscire, anche per andare a guardare una innocente partita e a bersi una innocente birra sembrava quasi un adulterio.
Si era calato nel proprio matrimonio come una suora entra in un convento di clausura,credendo che la propria infelicità avrebbe fatto la felicità della persona amata.
Sì, perchè a Ben di andare a vedere la partita al bar e di bersi una birra strabuzzando gli occhi al goal in contropiede del Chelsea andava parecchio.
Eccome.
Ma aveva paura di renderla infelice.
Aveva paura che lei pensasse che lui non la amava più, che qualcosa era cambiato. Che ormai il loro rapporto avesse scavallato e fosse avviato verso un lento e inesorabile declino.
E come ogni suora di clausura non si chiedeva se veramente al proprio Dio facesse piacere che qualcuno passasse la propria intera esistenza privandosi dei più elementari desideri.
Tipo quello di guardare Inter-Chelsea.
Non avvertiva il contrasto tra un Dio infinitamente buono e la spietatezza del gioire di una simile condizione imposta.
Semplicemente credeva di far bene, credeva ci fosse un senso in tutto ciò.
O meglio, credeva che aumentando il livello di privazione avrebbe saputo ridare un senso a tutto.
Ben aveva una mente analitica, sapeva smontare problemi complessi e risolverli in maniera brillante.
Il perchè non riuscisse a capire una cosa come questa rimaneva un mistero.
Un mistero amaricante.

1 commento:

pim ha detto...

il mistero si infittisce, o forse no, quando penso che kambusa one l'americante, e relativo jingle, mi gira in testa ossessivamente da giorni.
forse dal 15 marzo.
forse, senza aver letto, avevo letto.