Scesero e trascinarono l'uomo nel casale abbandonato.
La sua faccia era già una maschera di sangue e non riusciva più a reggersi sulle gambe.
Lo reggevano come un sacco pieno di rifiuti, consapevoli del fatto che entro pochi minuti sarebbe stato tutto finito.
L'ammasso di carne dolorante continuava ad emettere lamenti, a farfugliare la stessa frase in maniera sempre più incomprensibile: Vi prego, abbiate pietà. Mi è partito per sbaglio, non volevo fare male a nessuno....
Andarono nel fienile vuoto e uno dei quattro si arrampicò agilmente sulla trave maestra, aiutato da una scala di alluminio che si era portato dal ristorante.
Fece passare la corda e scese, fissando una estremità ad un gamcio che spuntava dal muro e controllando la solidità del cappio all'altra estremità.
Eseguì questa operazione con rapidità e precisione millimetrica, come se stesse preparando un rotolino di sushi.
La massa dell'uomo ormai semisvenuto venne issata a braccia ad un metro di altezza e l'uomo risalito sulla scala fece scivolare il cappio attorno alla sua testa.
Lo lasciarono lentamente, non volevano che lo strappo gli spezzasse l'osso del collo.
Volevano che soffrisse fino all'ultimo secondo.
Se ne restarono in silenzio, a vederlo penzolare, guardandolo negli occhi fino a quando smise di muoversi e tremare.
Si pulirono le mani dal sangue, utilizzando uno strofinaccio da cucina che poi portarono via con loro.
Salirono sul furgoncino e ritornarono al ristorante.
Un lavoro pulito.
.........
Più tardi, molte ore dopo, chiusero il locale, contarono l'incasso e si sedettero attorno ad un tavolo, una bottiglia di Cognac VSOP nel mezzo.
Brindarono alla giustizia e alla forza di coesione del loro popolo.
Gambei, gambei!
E poi tornarono a casa dalle loro famiglie, a baciare sulla fronte i lori figli addormentati, prima di andare anche loro a letto.
Iscriviti a:
Commenti sul post (Atom)
Nessun commento:
Posta un commento