sabato 14 gennaio 2012

Carpe diem

Cominciò a correre partendo dal solito punto.
Vide l'orologio digitale sul palazzone in fondo segnare le sedici e trentatre.
Sentiva il suo respiro aumentare di intensità, il cuore che cominciava a far sul serio.
Vide un signore che portava a spasso il cane, con faccia annoiata e guardandosi la sigaretta tra le dita.
Sentiva i suoi pensieri, li leggeva come in un fumetto che spuntava sulla sua testa: devo smetterla con queste sigarette, prima che mi uccidano.
Un poco oltre vide due ragazzi abbracciati su una panchina, tutti presi a raccontarsi cose di nessuna importanza, con lei che si domandava quando lui l'avrebbe baciata e lui che come un cane in punta cercava di decifrare ogni piccolo segnale per capire quando sarebbe stato il momento giusto per darle un bacio.
L'aria era fredda, una leggera nebbiolina rendeva tutto più sfumato.
Pensò che non avrebbe mai potuto vivere in un posto dove non ci fossero stagioni così diverse, dove il freddo rigore dell'inverno non facesse spazio alla spinta vitale della primavera, che veniva divorata dalla calorosa maturità estiva che si smorzava poi nel colorato e zoppicante autunno.
Vide la mamma con il bambino per mano, poteva avere sette anni o giù di lì.
Tutto imbaccuccato la guardava chiedendo il perchè dovessero già andare a casa.
Accellerò leggermente il passo e controllò le pulsazioni, era da un po' che non correva e non voleva strafare.
Imboccò il lungo viale alberato e passò di fianco a due nordafricani che lo seguirono con lo sguardo inebetito dall'hashish.
Finì il primo giro e si buttò nel secondo, cominciando a sbuffare e sentendo che le gambe finalmente cominciavano a rispondere.
Era una bella sensazione.
Sentirsi vivi ed in salute, con qualche soldo in tasca ed un sacco di tempo da dedicare alle proprie passioni.
Leggere, imparare, far sport, conoscere nuova gente.
Pensò a quante persone in questo momento se ne stavano sedute a lavorare nei propri uffici, o a studiare per l'esame, o ad avvitare lo stesso bullone, facendo un lavoro che non permetteva loro di essere veramente liberi.
E pensò a quanti se lo sarebbero potuto permettere, avrebbero potuto mollare tutto e cominciare finalmente una nuova vita.
Perchè qualche soldo in tasca se l'eran messo e facendo due conti non li avrebbero mai spesi tutti negli anni che gli rimanevano da vivere.
Eppure no.
Rivide l'orologio sul palazzo, +4C° e si chiese quale fossero le paure che spingevano queste persone a non svoltare, a non dire basta e a spezzare le catene.
Il signore che fumava con il cane era ancora lì, nella stessa posizione, con la stessa sigaretta, ok forse un'altra, anche se sembrava quella di prima.
I suoi pensieri non avevano cambiato colore, erano sempre grigio topo.
Lo superò, e sentì il sangue spingere nelle carotidi, le endorfine nutrire il suo cervello.
Il ragazzino aveva finalmente trovato il coraggio e la stava baciando, o forse lei si era stufata e lo aveva baciato lei, la cosa poco importa.
Imboccò la salita e cercò di non pensare alla fatica che cominciava a farsi sentire, i polpacci pompavano ed il morale era alto.
Pensò alle impercettibili differenze che però fanno una grande differenza.
Al millimetro di inclinazione della racchetta che fa sì che la palla finisca di poco fuori e non sulla linea.
Pensò alle decisioni prese, pensò all'effetto sliding doors, a come sarebbe stato se, e tutto accellerò, le immagini si sovrapponevano a mano a mano che i suoi passi scalavano la collina.
Pensò ai sorrisi, agli attimi non colti, ai momenti di silenzio e alle ore passate a parlare di nulla.
Pensò che vivere in fondo non era malaccio, soprattutto tenendo conto dell'alternativa.
Era quasi arrivato in cima, ma ora la salita si faceva molto ripida e il passo si accorciava, il cuore spingeva il sangue come se non ci fosse un domani e la visione si offuscava.
Pensò a come mai le persone si incontrano, si attraggono ma a volte no, si amano ma a volte no e come tutto ciò sia bello solo perchè nessuno ha mai capito come funzioni e quale disegno divino ci sia dietro, ma a volte no.
Ancora due passi ed era arrivato in cima, uno, due e finalmente si fermò.
Controllò i battiti sul cardio e segnava centottantotto, forse un po' troppi ma anche per 'sta volta era andata bene.
Guardò il sole che tramontava, la nebbiolina che gli teneva compagnia e lo stadio di San Siro, muto sulla sinistra che rovinava un po' il tutto.
Tirò fuori il telefonino dalla tasca, inquadrò, mise a fuoco.....
Click!

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