Al Fingers fanno una cucina fusion-giapponese.
Uno dei proprietari è Clarence Seedorf, il giocatore del Milan.
Mai capito cosa porta i calciatori a voler “diversificare” nei ristoranti.
E soprattutto cosa li spinge ad investire in una attività complicata e dove le mode cambiano velocemente, lasciando spesso gli investitori con un pugno di mosche.
Il posto è carino e ben illuminato, anche se abbastanza sconclusionato nell’arredamento.
Lo chef sembra essere un brasiliano di etnia giapponese, che sa ben miscelare i piatti tipici della cucina del sol levante con gli influssi latino americani.
Il posto è sempre pieno ed occorre prenotare con qualche giorno di anticipo se non si vuole rischiare di rimbalzare.
La specialità della casa sono però i dolci, o meglio colei che li propone.
Dopo il sushi, il sashimi e una serie di prelibatezze esotiche arriva lei con un vassoio che appoggia sul tavolo e che contiene un “campione” di tutte le proposte dello chef.
Non sono foto e neppure i modellini plasticosi tipici di molti ristoranti giapponesi.
Sono proprio loro, “the real thing”.
E lei, non so come si chiama ma se dovessi indovinare direi Amanda, è veramente il pezzo forte.
Mulatta, sui 25 anni, denti bianchissimi con gli incisivi separati da un intrigante diastema.
Come si può intuire Amanda non è precisamente un’indossatrice anoressica, direi piuttosto una florida futura “mamie” che potrebbe essere spuntata da un film come Via col vento.
Appare subito lampante come la sua per i dolci sia più che una passione.
Mentre li elenca i suoi occhi li guardano uno per uno, come se fossero le sue creature.
C’è un attaccamento quasi peccaminoso nel modo in cui accarezza i piattini con le mani, nel modo in cui si inumidisce le labbra pronunciando la parola "fondente".
Il suo è puro desiderio.
E lo ostenta senza il minimo rimorso.
Di qualcosa nella vita si dovrà pur morire....
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